Il rogo dei libri

San Domenico e gli Albigesi

SAN DOMENICO E GLI ALBIGESI (1493-1499)

Pedro Berreguete (1450-1504) Olio su tavola cm 122 x 83, Museo del Prado, Madrid

L’episodio si inserisce in un contesto storico di grande fermento. E’ il periodo delle eresie e la diffusione delle idee ereticali è agevolata dalla circolazione del libro a stampa (inventata da Gutenberg a metà del XV secolo) che diventa lo strumento più idoneo per propagandare tali idee. La Chiesa, per arginare questo fenomeno, pubblicò l’Index Librorum Prohibitorum, ovvero l'Indice dei libri proibiti, creato nel 1559 da papa Paolo IV. La Santa Inquisizione ispezionava biblioteche pubbliche e private, botteghe di tipografi e librai, ed anche chiese e monasteri per individuare e sequestrare le opere contenenti proposizioni eretiche. A Santa Severina fu l’Arcivescovo Alfonso Pisani ad applicare le norme dell’Indice e a decidere il rogo dei libri ritenuti eretici.


Descrizione del Rogo nel testo di Francesco Le Pera e Salvatore Pancari “Tra Sacro e Profano” Santa Severina, la Metropolia, i suoi Metropoliti”.
Mons. Alfonso Pisani darà luogo al “Rogo” il giorno dell’Epifania dell’anno 1600.

I libri sono accatastati su sagrato della Chiesa il cui interno è stipato di cittadini rigidamente suddivisi per ordine e classe: sulle prime panche le autorità, dietro il popolo. Alfonso Pisani scende lo “scalone dell’Arcivescovo” e si dirige verso la sacrestia dove lo attende il suo clero. Indossa i paramenti sacri, quelli più belli e costosi. Cinge il capo con la mitria, nella mano sinistra impugna il pastorale e si avvia verso l’altare maggiore. Lo seguono i suoi canonici in colonna, cantando gli inni propiziatori. Le campane suonano e note dell’organo si elevano all’interno della Cattedrale. I poveri al suo passaggio s’inchinano e sussurrano “Santità”, il vecchio saluto proveniente dal rito greco ancora in uso riservato al Metropolita. Egli si volge benedicente. Arriva all’altare, s’inchina e siede sotto il suo baldacchino. Inizia il Pontificale, la messa solenne e cantata. Nella sua omelia parla della cultura e del perché quei libri siano stati ammassati sul sagrato. La messa ha fine, si apre il maestoso portone della Cattedrale ed egli si avvia verso il sagrato. La gente fuori è infreddolita; una forte tramontana, che arriva dalla Sila, investe Piazza del Campo. Guarda quei libri, qualcuno prova a toccarne uno, è la prima volta che vede un libro, sfiora la pergamena che lo custodisce, forse non ha capito le ragioni della presenza di quei volumi. Alfonso volge lo sguardo alla piazza, si china, dal turibolo dell’incenso rapisce una fiamma, l’avvicina alla catasta dei libri ed un crepitio accompagna il gesto. Poi il rogo si alza e le fiamme illuminano la prospicente chiesa della Congregazione del Santissimo, detta dell’Oratorio. Un sussurro di meraviglia si eleva dalla piazza. L’Arcivescovo volge lo sguardo al Castello e lentamente rientra in Cattedrale. Un’ombra attraversa il suo viso, un pensiero corre veloce: forse i libri sono diventati cenere, ma le idee non si possono bruciare…